Ad Atene con Ilias

atene, vista sull'acropoli

Raccontami o Musa della culla del pensiero: quando ho detto a Ilias che a scuola avevo studiato il greco antico e i poemi omerici, le tragedie di Sofocle, Eschilo, Euripide, le commedie di Menandro, gli epigrammi di Callimaco, le liriche amorose di Saffo, la mitografia di Esiodo, la storiografia di Erodoto, decine di filosofi oltre ovviamente a Socrate, Platone, Aristotele… si è sorpreso non poco.

A ondate, ritorna il grande dibattito sull’inutilità dello studio delle cosiddette lingue morte nel licei classici italiani – e di conseguenza sull’inutilità del liceo classico stesso. Io sarò di parte, ma penso che lo studio matto e disperatissimo del greco e del latino abbia portato un grande valore aggiunto alla mia formazione. Ha ampliato il mio orizzonte linguistico e culturale, ha affinato il mio spirito critico e la mia coscienza politica, mi ha permesso di leggere cose antiche e bellissime nella stessa forma in cui furono concepite. Nel mio immaginario la Grecia era questo: una terra di poeti e filosofi, dee e dei che copulavano a destra e a manca indifferentemente con altre divinità o giovenche e animali vari, miti complessi e affascinanti, ninfe che si trasformavano in alberi e correnti marine, uomini che vivevano nelle botti, uomini che passeggiavano tra i colonnati disquisendo di etica e morale, politici idealisti e tiranni malvagi.

Ho conosciuto la Grecia come luogo letterario, finché non ho cominciato a leggerne le sventure sui quotidiani: il declassamento del debito pubblico, la crisi nera, i mercati in picchiata, la disoccupazione, l’austerità, la recessione e lo spettro del default. In piazza decine di migliaia di persone a protestare contro lo strapotere delle banche e le misure dei piani di salvataggio imposti dalla trojka formata da FMI, BCE e UE. Il popolo greco è volitivo, tende alla mobilitazione in un senso profondamente democratico e condiviso. Ilias ci racconta delle manifestazioni in Piazza Syntagma, dei collettivi che si riuniscono a Exarchia e nei pressi del Politecnico – il luogo della resistenza per eccellenza, da cui partì la rivolta che rovesciò la dittatura militare.

Nella notte del 17 novembre 1973, un carrarmato sfondò i cancelli del Politecnico, dove tre giorni prima gli studenti si erano asserragliati. Pare che, ai militari che intimavano loro la resa, gli studenti abbiano rivolto le stesse parole usate da Leonida re di Sparta contro i Persiani alle Termopili: “Μολὼν λαβέ”, venite a prenderle! Negli scontri che seguirono morirono 24 civili. 

Anche Alexandros Grigoropoulos era uno studente: è stato ucciso a sangue freddo da un poliziotto il 6 dicembre 2008.  La rabbia per questa morte insensata si è mischiata all’insofferenza diffusa nei confronti di uno stato autoritario e corrotto, insicuro, pervaso dall’ingiustizia sociale; l’omicidio è stato la scintilla che ha incendiato Atene intera – un fuoco che si è propagato in tutta la Grecia e fin oltre i suoi confini. La protesta violenta è andata avanti per settimane, mentre le scuole e le università venivano occupate. I disordini si ripetono puntuali ogni anno, nel giorno dell’anniversario della morte di Alexandros.

Alexandros Grigoropoulos
Il luogo dov’è stato ucciso Alexandros, a Exarchia

La mia impressione è che i greci non vadano molto d’accordo con l’autorità costituita. Eppure sono costretti ad averci a che fare, prima o poi: infatti in Grecia il servizio militare è ancora obbligatorio e l’obiezione di coscienza non è prevista (il servizio civile esiste come opzione, ma le condizioni sono tali da scoraggiare perfino il giovane più antimilitarista). Ilias è riuscito a rimandare per tutti gli anni dell’università, ma, adesso che ha finito gli studi, gli tocca partire. Non sa dove sarà spedito e a fare cosa… spera solo che non lo mettano a fare la guardia statuina davanti al Parlamento in piazza Syntagma, costretto a fissare nel vuoto per ore mentre i turisti ti fanno le foto. Meglio stare al fresco da qualche parte sul confine.

Chiacchierando con Ilias e i suoi amici ho imparato tante cose sulla Grecia, quella moderna e quella antica. Caterina cerca un impiego retribuito e non lo trova, ma lavora tutti i giorni come volontaria al Museo dei bambini. Mi racconta le storie che narra loro, come quella della competizione tra Atena e Poseidone per diventare la divinità protettrice di questa città che all’epoca era ancora senza nome. Ognuno avrebbe fatto un dono agli Ateniesi ed essi avrebbero scelto quale fosse il migliore. Il dio del mare fece sgorgare una sorgente, ma l’acqua era salmastra. Atena offrì invece un ulivo dalle foglie d’argento, imperlato di olive nere e succose. Gli Ateniesi scelsero l’ulivo e Atena divenne patrona della città.  Davanti a una birra, spiluccando quelle stesse olive nere e succose, le mie memorie scolastiche fanno capolino corpose e trasfigurate, mentre mito e realtà, passato e presente, si confondono l’uno dentro l’altro.

atene, l'acropoli