Le notti bianche d’Estonia

Saaremaa 2

Press close bare-bosom’d night—press close magnetic nourishing night!

Night of south winds—night of the large few stars!
Still nodding night—mad naked summer night.

Smile O voluptuous cool-breath’d earth!
Earth of the slumbering and liquid trees!
Earth of departed sunset—earth of the mountains misty-topt!
Earth of the vitreous pour of the full moon just tinged with blue!
Earth of shine and dark mottling the tide of the river!
Earth of the limpid gray of clouds brighter and clearer for my sake!
Far-swooping elbow’d earth—rich apple-blossom’d earth!
Smile, for your lover comes.

Prodigal, you have given me love—therefore I to you give love!
O unspeakable passionate love.

(Walt Whitman, Song of Myself – Part 21)

Questi sono forse i miei versi preferiti di tutte le Foglie d’erba di Walt Whitman. Raccontano quelle notti d’estate in cui sembra che la natura ci avvolga nel suo abbraccio più sensuale, quando il vento caldo ci riscalda le braccia e le gambe nude. Il poeta chiama queste notti magnetiche e nutrienti; la terra voluttuosa; gli alberi liquidi e sonnecchiosi. Notti che andrebbero passate nel mezzo di un bosco di conifere, alla luce delle stelle, celebrando l’amore appassionato e ineffabile.

Le notti d’estate al nord sono strane, corte e chiare. Ma questa che sta arrivando è la più speciale di tutti: è la notte di San Giovanni, che si festeggia tra il 23 e il 24 giugno. Che poi si chiama così – con le dovute varianti linguistiche – in quasi tutti i paesi, ma si celebra da molto prima dell’avvento del Cristianesimo. In moltissime culture la notte del solstizio d’estate è la più importante dell’anno, legata ai cicli dell’agricoltura e agli antichi riti pagani di fertilità.

L’Estonia è uno dei paesi in cui la tradizione della notte di mezza estate è più forte: il giorno di Giovanni, ovvero Jaanipäev, se la batte con Natale nella gara alla festività più amata. La mattina del 23 giugno la gente si dirige verso le campagne e una volta là comincia a raccogliere la legna per i falò, intreccia ghirlande di fiori da mettere nei capelli, prepara la griglia e mette in fresco le birre. La giornata sembra non finire mai, perché il tramonto tarda ad arrivare: diciannove interminabili e meravigliose ore di luce da celebrare minuto dopo minuto.

E quando il tramonto finalmente arriva si accendono enormi falò, sopra i quali i ragazzi saltano per garantire prosperità e allontanare gli spiriti maligni dalle proprie case. Si balla, si brinda, si canta. Gli amanti si imboscano per cogliere il fiore della felce, che sboccia solo questa notte, o forse qualcos’altro… La leggenda più bella del folklore estone è quella dei due amanti Koit (Alba) e Hämarik (Tramonto), che si incontrano solo una volta l’anno, per scambiarsi il più fugace dei baci nella più breve delle notti.

Il rapporto dei popoli del nord con il buio è intimo e inevitabile, costretti come sono a inverni lunghi mesi in cui il sole può non apparire per settimane. Mi ricordo come un’epifania il primo vero giorno di primavera in Estonia, la prima giornata tersa e mite; mi ricordo di aver quasi inciampato in una signora ferma in mezzo alla strada, tra le pozzanghere di neve sciolta, che con gli occhi chiusi e il volto rivolto al cielo si beava dei raggi del sole. Come se fosse il primo sole della sua vita, un sole primordiale e vivificatore.

Il contrappasso è un’estate breve, ma luminosissima, in cui la luce prende con arroganza la sua rivincita. Le notti bianche dell’Estonia ti mandano in palla perché quando tramonta alle undici di sera e albeggia alle quattro del mattino non capisci più se è ora di cenare, pranzare, dormire. Alzi gli occhi e non riesci più a distogliere lo sguardo da quel cielo rosso, dalle nuvole insanguinate che annunciano il nuovo giorno.

Jaanipäev nel mio ricordo è un pic-nic improvvisato e una notte passata intorno a una chitarra con un groppo in gola e la consapevolezza respinta in un angolino del cervello che qualcosa di bello e importante stava per finire senza scampo né riscatto – una maratona di lacrime, risate e gratitudine sotto il cielo illuminato dal sole di mezzanotte.

Maarjamägi, Tallinn, Estonia

Quando le temperature si aggirano sui meno 20 gradi, il mar Baltico si ghiaccia. Queste foto sono state scattate sul lungomare di Pirita, qualche chilometro a nord est di Tallinn, che si intravede sullo sfondo (a sinistra i grattacieli della città nuova e a destra le cupole della città vecchia). Facevamo questa strada per raggiungere Sarapuu e per un mese, ogni giorno, mi sono beata dal finestrino dell’autobus di quel sole che esplodeva in una palla di fuoco, proprio all’ora in cui tornavamo da lezione. Mi hanno raccontato che in Estonia nei mesi più freddi vengono costruite delle vere e proprie autostrade sul ghiaccio, per raggiungere in macchina le isolette più vicine alla costa. Quando ho fatto il primo passo sul mare ghiacciato mi sono sentita come Neil Armstrong quando ha messo piede sulla Luna… non a caso il moonwalk su una lastra di ghiaccio viene da dio 🙂