Una gita a Neuschwanstein

Sull’ultima propaggine delle Alpi si innalza un castello bianco e turrito, che pare uscito da una favola. Si tratta del castello di Neuschwanstein, costruito tra il 1869 e il 1892 per volere del re Ludovico II di Baviera. Purtroppo per lui, vi visse solo per pochi mesi e non riuscì neanche a vederlo completato, dato che morì in circostanze misteriose nel 1886. L’impatto visivo con il castello è fortissimo, spicca come un cristallo luminoso contro l’ombra nera della montagna. L’abbiamo visto con il sole e la neve, in una di quelle giornate terse e gelide che ghiacciano il fiato. Stava lassù, abbarbicato su una punta rocciosa, elegante e indifferente. Distante eppure familiare, poiché fa parte del nostro immaginario da sempre, dall’epoca dei puzzle complicatissimi che non riuscivamo mai a completare e delle sigle di apertura dei film d’animazione Disney. Le sue forme sono infatti quelle che hanno ispirato i castelli di Biancaneve, Cenerentola, la bella addormentata nel bosco; piccole fortezze à la Neuschwanstein sorgono nelle Disneyland di tutto mondo. Questo è l’originale e tuttavia una riproduzione a sua volta: un cliché di Medioevo ricreato sul cucuzzolo di una montagna da un re matto, il rifugio di un uomo solitario e sognatore.

Ludovico II di Wittelsbach, figlio di Massimiliano II di Baviera e Maria Federica di Prussia, fu re di Baviera dal 1864 al 1886, anno in cui fu dichiarato pazzo e deposto. Aveva solo diciotto anni quando divenne re, e venti quando, con la disfatta austriaca e bavarese contro la Prussia nella guerra tedesca del 1866, vide definitivamente svanire il sogno della monarchia assoluta. Fu probabilmente in seguito a questo episodio che Ludovico iniziò la sua costruzione mentale di un mondo parallelo, fantastico, su cui poter regnare, re incontrastato delle vallate, degli alberi, delle cime innevate, dei laghi splendenti. L’idea di Neuschwanstein si sviluppa proprio in questi anni: il luogo prescelto per innalzare il suo castello fatato è Schwangau, sulle Alpi, a poca distanza dal castello paterno di Hohenschwangau, dove Ludovico aveva trascorso gran parte della sua giovinezza. Lo volle chiamare Neue Burg Hohenschwangau, Nuovo Castello di Hohenschwangau (la denominazione Neuschwanstein è postuma).

Il progetto di Neuschwanstein è maestoso ed eccentrico: prende ispirazione dalla fortezza di Wartburg in Turingia, e più in generale dalle illustrazioni libresche di castelli medievali. I bozzetti, che replicano nel dettaglio i desiderata del re, furono disegnati scenografo teatrale Christian Jank, mentre gli architetti incaricati di concretizzarli furono in successione Eduard Riedel, Georg Dollmann e Julius Hofmann. Il progetto architettonico fu modificato in corso d’opera: in parallelo alla crescente ritrosia del re per ogni contatto umano, vennero meno le stanze degli ospiti e gli spazi di rappresentanza, lo Scrittoio si trasformò in una piccola grotta artificiale con tanto di stalattiti e stalagmiti, che veniva illuminata con luci colorate. Sbirciando il piccolo giardino d’inverno, immagino il re in silenziosa contemplazione delle sue montagne, mentre nella sua testa rimbombano le potenti musiche wagneriane, che evocano storie di anime a lui affini.

Lo stile è eclettico e unisce ad elementi romanici e neogotici le più moderne tecnologie dell’epoca di Ludovico: acqua corrente in ogni piano, un complesso sistema di campanelli elettrici per la servitù, montacarichi per i pasti, apparecchi telefonici, riscaldamento ad aria calda.

Lungo il percorso che si snoda tra il terzo e il quarto piano del castello il visitatore ha modo di inoltrarsi nel mondo ideale a cui aspirava Ludovico: un universo popolato dai personaggi delle saghe cavalleresche medievali, dalle quali aveva attinto Richard Wagner per i suoi drammi musicali. Il re era uno sfrenato ammiratore di Wagner, che sostenne come mecenate per tutta la vita, e proprio a lui dedicò il castello di Neuschwanstein. I cicli pittorici che lo decorano sono infatti ispirati alle sue opere, che tematizzano storie di amore, colpa e redenzione. Spiccano le figure di Tannhäuser il trovatore, il cavaliere del cigno Lohengrin e suo padre Parsifal, il re del Santo Graal; in loro Ludovico si immedesimava e alla purezza dei loro animi tendeva. Il tema della purezza viene ripreso nella figura del cigno, già animale araldico dei conti di Schwangau, e simbolo cristiano. Lo ritroviamo nel castello in diverse forme: come stemma dipinto, intagliato, vaso in ceramica, rubinetto, elegantemente intessuto nei cuscini e nelle tappezzerie in seta blu, e nello stesso nome Neuschwanstein (Schwan significa cigno in tedesco).

Le prime pitture murali che si incontrano nel salone d’ingresso inferiore raffigurano scene della saga di Sigurd, tratta dal ciclo epico nordico Edda, il Sigfrido della Canzone dei Nibelunghi nella letteratura medio-alto tedesca. Si entra poi nella sontuosa Sala del Trono, che ricorda una chiesa bizantina. Le suggestioni sono molteplici: una cupola stellata, Cristo, San Giorgio che combatte col drago, i dodici apostoli e i sei re canonizzati. Un massiccio candelabro, ori, colonne di un blu intenso, un mosaico sul pavimento che raffigura la terra con le sue piante e i suoi animali. La sacralità di questo luogo illustra la concezione del potere secondo Ludovico, che si sentiva re per grazia divina, investito di una missione salvifica. Manca il trono, che alla morte del re non era ancora stato realizzato.

Passata la sala da pranzo si raggiunge la camera da letto, decorata dalle vicende di Tristano e Isotta. È cupa, vagamente lugubre; colpiscono l’elaborato baldacchino del letto, intagliato con perizia da quattordici maestri ebanisti, e gli arredi sontuosi. Soliti cigni qua e là: addirittura nel servizio da toilette in forma di brocca, contenitore per la spugna e portasapone. Qui fu sorpreso e arrestato Ludovico, la notte in cui subì l’interdizione.

Attraverso il guardaroba si giunge al salone, il cui ciclo pittorico rappresenta la saga di Lohengrin, il cavaliere del cigno. Ludovico conosceva già dall’infanzia la sua saga, grazie alle pitture murali presenti nel castello paterno di Hohenschwangau. Quando nel 1861 vide il Lohengrin di Wagner all’Opera di Corte di Monaco, ne rimase folgorato: in lui vedeva se stesso, principe romantico.

Superando l’insolita grotta e il giardino d’inverno si raggiunge lo studio, in cui è rappresentata la saga del trovatore Tannhäuser e la gara dei cantori della Wartburg. Si tratta di una leggendaria tenzone poetica avvenuta intorno al 1205 alla corte di Ermanno di Turingia, tematizzata poi nell’omonima opera di Wagner. L’ultima, grandiosa sala è proprio quella dei cantori, che combina due stanze storiche della fortezza di Wartburg: il salone delle feste e il salone dei cantori – dove, secondo la leggenda, si era esibito Tannhäuser. Qua a Neuschwanstein, però, il tema figurativo è un altro: si narra infatti la saga di Parsifal, che grazie alla purezza e alla fede diventa il re del Santo Graal. In questa grande sala, illuminata da più di seicento candele, non ebbero mai luogo feste o concerti finché il re fu in vita. Voleva essere altro: un monumento alle arti, alla musica, alla letteratura. All’amore cavalleresco medievale e ai suoi eroi tormentati e redenti.

Il sempre maggiore disinteresse per le vicende politiche e le spese pazze che Ludovico aveva sostenuto per costruire i suoi castelli portarono il governo a una decisione estrema: il 10 giugno del 1886 il re fu dichiarato pazzo e incapace di governare. La mattina del 12 andarono a prenderlo a Neuschwanstein e lo trasferirono con la forza al castello di Berg, nei pressi di Monaco. Il pomeriggio seguente il re chiese di poter fare una passeggiata con il dottor Bernhard von Gudden, lo psichiatra che aveva firmato la dichiarazione di follia, senza aver nemmeno visitato il re presunto matto. I due uomini non fecero mai ritorno: i loro corpi annegati furono ritrovati in serata nelle acque nere del lago di Starnberg. La morte prematura di Ludovico rimane a oggi un fatto misterioso, sul quale circolano varie teorie. Fu ufficialmente classificata come annegamento, ma il re era un buon nuotatore; altri parlano di un’aggressione, altri ancora di un malore. Alcune leggende raccontano che sia stato sbranato da un licantropo e che il dottor Gudden fosse in realtà il suo amante. Fantasie a parte, molti storici concordano sul fatto che il re non fosse davvero matto, ma semplicemente vittima di un intrigo politico.

Certo è che la figura enigmatica di re Ludovico sprigiona ancora una forza oscura e magnetica. Scrisse un giorno alla sua precettrice che voleva “rimanere un eterno mistero” per se stesso e per gli altri; Verlaine lo definì l’unico vero re del suo secolo. Fu generalmente benvoluto dai suoi sudditi, dato che per tutta la vita cercò di seguire una politica di riconciliazione tra gli stati tedeschi, evitando conflitti armati e garantendo alla Baviera un lungo periodo di pace, e per il suo mecenatismo. I bavaresi lo ricordano tuttora con grande affetto e il titolo “Unser Kini”, il nostro re.

La sua storia si intreccia anche con quella della Principessa Sissi, sua cugina, che diventò poi Imperatrice d’Austria. Erano entrambi amanti della natura e delle arti, e si scambiavano versi come questo “A te, aquila della montagna/Ospite delle nevi eterne/Un pensiero del gabbiano/Re delle onde frementi“. Lei gabbiano lui aquila, in volo sopra le meschinità e i giochi di corte. Fu anche fidanzato per un certo periodo con la Principessa Sofia, sorella minore di Sissi, ma dopo aver rimandato più volte il matrimonio Ludovico ruppe il fidanzamento; non si sposò mai e non lasciò eredi.

La sua eredità è d’altro tipo: lo strambo sovrano ha lasciato ai posteri luoghi magici, geografia e architettura di un mondo ideale, ispirato a quello romantico e cavalleresco delle saghe medievali. Non solo Neuschwanstein, ma anche il castello di Linderhof, la casa reale sullo Schachen, il castello nuovo Herrenchiemsee (che, nelle intenzioni del re, voleva essere una piccola Versailles bavarese), il convento dei canonici agostiniani Herrenchiemsee.

Il castello di Neuschwanstein fu aperto ai visitatori solo sette settimane dopo la sua morte: un oltraggio impensabile per re Ludovico, che lo aveva concepito come un luogo di solitudine e aveva ordinato al custode di impedire l’accesso ai curiosi nel caso avesse fatto una brutta fine. Ironicamente, questo e gli altri stravaganti e fiabeschi castelli da lui voluti, che gli attirarono critiche per i costi spropositati, costituiscono oggi alcuni tra i monumenti più visitati e redditizi di Baviera e della Germania intera.

Info utili

Neuschwanstein è una delle attrazioni turistiche più visitate di Germania e di tutta Europa, quindi conviene organizzare bene la visita. Il castello si trova nei pressi del paese di Schwangau e a sei chilometri dalla città di Füssen, comodamente raggiungibile in autobus. Punto di partenza per raggiungere il castello è la località di Hohenschwangau, dove si trovano anche dei parcheggi a pagamento.

I biglietti si acquistano presso il Ticket Center ai piedi del castello. A gennaio 2017 il biglietto costava 13 euro a castello (è possibile visitare anche l’altro castello, Schloss Hohenschwangau. Noi non l’abbiamo visitato per mancanza di tempo, quindi purtroppo non posso dare molte indicazioni a riguardo). L’albergo dove soggiornavamo dava la possibilità di acquistare i biglietti con un supplemento di 1.80 euro per la prenotazione: se anche il vostro  offre questo servizio approfittatene, perché le code al Ticket Center sono lunghissime fin dal primo mattino e avere già il biglietto in mano vi farà risparmiare un sacco di tempo. È anche possibile prenotare i biglietti online con sovrapprezzo fino a due giorni prima della visita, ma andranno poi in ogni caso ritirati al Ticket Center.

Il castello si raggiunge con una passeggiata in salita di circa trenta-quaranta minuti. In teoria c’è anche un bus navetta, ma quando siamo andati noi il servizio era soppresso a causa della neve, quindi non fateci troppo affidamento (in generale viene sospeso in caso di condizioni atmosferiche avverse, dato che la strada è sterrata e piuttosto ripida). Un’altra opzione per salire è in carrozza, trainata da bei cavalli neri e massicci; però la fila per accaparrarsene una è sempre lunga. Per chi non ha particolari problemi motori la passeggiata è sicuramente la soluzione migliore.

La gestione dei turisti a Neuschwanstein è un ingranaggio ben oliato: a ogni visitatore è assegnato un orario e un numero e bisogna presentarsi ai tornelli di ingresso all’orario stabilito. Si entra a scaglioni ogni cinque minuti di orologio: siate puntualissimi perché se perdete il turno di entrata il biglietto non sarà più valido! Si può scegliere la visita guidata in inglese o in tedesco, oppure con audioguida. Se optate per quest’ultima, non appena entrati vi sarà consegnata una audioguida nella lingua prescelta e una guida vi accompagnerà di sala in sala segnalandovi il momento in cui l’audioguida riprende il racconto. La visita dura circa 30 minuti e il ritmo è molto serrato: purtroppo è l’unico modo di visitare il maniero e gestire il flusso continuo dei turisti. Non è consentito fare foto o video all’interno del castello. Se volete acquistare dei souvenir, sappiate che ci sono due shop, il primo che si incontra è quello con il merchandising ufficiale ed è più caro.

Chi non vuole o non riesce ad acquistare i biglietti può comunque passeggiare liberamente nei boschi intorno al castello e fare delle belle foto dai vari punti panoramici. Il più famoso è il Marienbrücke (Ponte di Maria: Massimiliano II l’aveva costruito per la consorte Maria, amante delle escursioni in montagna), che però è preso d’assalto dai turisti. È un ponticello dall’aspetto abbastanza instabile situato sopra una gola, sconsigliato a chi soffre di vertigini 🙂 Quando siamo andati noi il sentiero per raggiungerlo (circa venti minuti a piedi dal castello) era sbarrato a causa della molta neve caduta la notte prima, ma tutti (TUTTI, e per una volta mi ha fatto piacere constatare che l’indisciplina non fosse solo italica…) scavalcavano ugualmente la barriera per raggiungere questo angolino, da cui effettivamente si gode di una vista pazzesca sul lato lungo del castello.

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